I Villeggianti (titolo originale Les estivants) è un film di genere drammatico del 2018, diretto da Valeria Bruni Tedeschi, con Valeria Bruni Tedeschi, Yolande Moreau, Valeria Golino e Riccardo Scamarcio. L’uscita al cinema è prevista per il 07 marzo 2019, ha una durata 127 minuti ed è distribuito da Lucky Red. È stato presentato alla 75° Mostra del Cinema di Venezia nella categoria Fuori Concorso.
Il film racconta di Anna (Valeria Bruni Tedeschi), una regista e sceneggiatrice che vive a Parigi che prima di partire per le vacanze in Costa Azzurra viene lasciata dal compagno molto più giovane di lei (Riccardo Scamarcio), con il quale condivide una figlia adottata. Nello spazio condiviso della casa delle vacanze si incroceranno le vite di numerosi personaggi, dai proprietari della casa (fra i quali vi è la sorella di Anna, interpretata da Valeria Golino) fino ai dipendenti e agli amici che ruotano attorno alla lussuosa dimora.
I Villeggianti: la trama
Piena estate, tempo di vacanze. In una grande e lussuosa casa in Costa Azzurra si incontrano e si scontrano le vite di numerosi personaggi.
Protagonista è Anna, interpreta da Valeria Bruni Tedeschi (nel duplice ruolo di regista e interprete), una regista italiana di famiglia alto borghese che vive a Parigi con Luca, il compagno molto più giovane di lei (Riccardo Scamarcio), con cui ha adottato una figlia.
Poco prima della partenza Luca decide di rimanere a Parigi e confessa ad Anna di avere una relazione con un’altra donna, segno di una rottura definitiva.
Anna si troverà quindi a dover gestire la fine del suo matrimonio, ma l’arrivo nella villa francese metterà in scena anche vecchi dolori e altre storie: la morte del fratello, avvenuta due anni prima, l’alcolismo della sorella Elena (Valeria Golino) e tutti i problemi della quotidianità che si intrecciano con amore, politica, lutto.
Un occhio critico spia e racconta con tono amaro le vicende di questa famiglia disfunzionale all’interno della quotidianità, quando tutti sono riuniti sotto lo stesso tetto, nello spazio mitico della bella villa estiva e nessuno può scappare dal confronto con se stesso.
La casa delle vacanze si trasformerà quindi in un microcosmo a sé stante, uno spazio dove esplorare le emozioni umane più profonde: rabbia, follia, disperazione, indifferenza, amore, paure e persino lotta di classe.
Valeria Bruni Tedeschi racconta di momenti delicati della vita, come quello della separazione e del lutto, in un lungometraggio autobiografico che ripercorre la morte del fratello avvenuta realmente qualche anno fa.
I Villeggianti è diviso in III atti più epilogo, che segnano l’avanzamento della storia con un movimento di progressivo isolamento dei singoli personaggi. Una solitudine esistenziale che mette a nudo i dolori e le ansie di ciascuno di essi.
La costante contrapposizione tra “i padroni ricchi” e “la servitù” formata dai dipendenti della villa, ci ricorda che in fondo tutti sono accomunati dagli stessi sentimenti (a volte in modo un po’ troppo banale e ingenuo).
I Villeggianti: le mie considerazioni
Commedia all’italiana e cinema d’autore francese si incontrano in questo lavoro di Valeria Bruni Tedeschi, con la vitalità mista allo snobismo dell’alta borghesia e la messa in scena del dramma della quotidianità in tutti i suoi aspetti più grotteschi.
Un film corale, dove la protagonista interpreta ancora una volta il personaggio nevrotico e isterico che già le appartiene; convincete anche l’interpretazione di Valeria Golino nei panni di donna disperata, ricca e annoiata. Riccardo Scamarcio un po’ atono.
I Villeggianti sembra insistere molto sugli stereotipi di classe, dalle appartenenze politiche alla rappresentazione di un’alta borghesia annoiata e folle nella sua disperazione per una vita tutto sommato vuota e inconsistente. Dall’altro lato, i dipendenti sono rappresentati come degli zotici che sanno rispondere solo a pulsioni più basse e per questo depositari di una autenticità quasi mitica.
Un altro tasto dolente sottolineato dalla critica è stata la quantità forse eccessiva di personaggi, che contribuiscono a creare un caos non sempre gestibile nel modo giusto. Alcuni di essi finiscono per rimanere solo dei caratteri abbozzati e stereotipati, senza un vero spessore.
Stesso discorso per i registri, spesso agli antipodi, che alternano scene da commedia un po’ sguaiata a riflessioni intellettuali e inquadrature felliniane di grande effetto anche grazie alla bellezza del paesaggio (con insistenza sull’immobilità e sulle simmetrie).
Il film è piuttosto lungo (oltre due ore) e in alcuni punti si dilunga inutilmente senza aggiungere nulla alla storia: personalmente non ho apprezzato l’epilogo, di per sé abbastanza inutile e anzi disturbante perché rompe l’illusione con una scena di meta-cinema, una riflessione tecnica che risulta un po’ macchinosa e inadeguata a chiudere un film così denso di sentimenti. Avrei preferito uscire dalla sala con una continuità rispetto alla storia vista, piuttosto che essere riportata bruscamente alla realtà in questo modo.
Bellissima la scelta delle musiche (da Scubert a Rossini) e originale la scelta del motivetto ricorrente di una vecchia pubblicità della Peroni.