“Una Giusta Causa” (titolo originale On the Basis of Sex) è un film diretto da Mimi Leder, sceneggiato da Daniel Stiepleman e interpretato da Felicity Jones, Armie Hammer, Kathy Bates e Justin Theroux. Uscirà al cinema giovedì 28 marzo ed è distribuito da Videa.
“Una Giusta Causa” sinossi
La candidata all’Oscar Felicity Jones interpreta la stria vera di Ruth Bader Ginsburg, una delle nove donne che nel 1956 furono ammesse al corso di Legge dell’Università di Harvard. Dopo la laurea a pieni voti e nonostante il suo spiccato talento, Ruth fu tuttavia rifiutata da tutti gli studi legali in quanto donna.
Sostenuta dall’amore del marito Martin Ginsburg (Armie Hammer) e dall’avvocato progressista Dorothy Kenyon (il premio Oscar Kathy Bates), accetta un controverso caso di discriminazione di genere.
Contro il parere di tutti, Ruth vinse il processo, determinando un epocale precedente nella storia degli Stati Uniti sul fronte della parità dei diritti.
Un tributo a una delle figure più influenti del nostro tempo, seconda donna a essere nominata Giudice alla Corte Suprema; un omaggio a tutte le donne, un invito a non farsi sopraffare.
“Una Giusta Causa” recensione
La storia del movimento femminista, a cavallo tra la sua prima e la seconda ondata, fa da sfondo a questa vicenda che vede protagonista una grande donna che si è battuta per i diritti delle donne.
La figura di Ruth mette in scena il paradosso di una società che cambia più velocemente delle sue leggi e di un’America che non sempre riesce a tenere il passo coi tempi di fronte a un profondo mutamento che coinvolge sopratutto il ruolo dei giovani, delle donne e dei neri.
Ruth fu una delle prime donne ad accedere alla facoltà di Legge dell’Università di Harvard, ma la strada fu tutta in salita: in un mondo pensato e costruiti a misura di uomo, dovette fare il doppio del lavoro per giustificare il suo diritto a trovarsi lì.
E perché è qui Signora Ginsburg, ad occupare un posto che sarebbe potuto andare a un uomo? (Preside della Facoltà di Legge dell’Università di Harvard).
Eppure essere la prima del suo corso non bastò neanche ad assicurarle il lavoro dei suoi sogni, dato che fu rifiutata con le scuse più svilenti da tutti gli studi in cui si presentò per un colloquio per il semplice fatto di essere donna.
Così rinuncerà alla sua ambizione per diventare insegnate, mentre il marito intraprenderà una brillante carriera di avvocatura. Anni dopo, sarà proprio lui a proporle di prendere in carico un caso in grado di creare un importante precedente nell’ambito dei diritti civili e parità di genere.
Ruth avrà così finalmente l’occasione di mettersi in gioco e affrontare il caso che le cambierà la vita, dimostrando il suo valore come donna e agendo nel concreto, consentendo al movimento dei diritti civili di fare un importante passo avanti grazie al suo contributo.
Il contesto storico poi vede uno scontro generazionale tra le varie fasi del femminismo: c’è l’avvocata progressista Dorothy Kenyon (interpretata da Kathy Bates) che rappresenta la prima ondata; Ruth che si muove a cavallo tra la fine della prima e l’inizio della seconda e infine la figlia adolescente di Ruth che personifica la nuova donna emancipata che emerge dai movimenti degli anni Sessanta e Settanta.
Un confronto che aiuta a riflettere sui cambiamenti profondi che le donne hanno attraversato nell’arco di poche generazioni, in alcune decadi fondamentali del Novecento che hanno segnato grandi conquiste per tutti e per tutte, attraverso battaglie che si sono combattute sul piano legale, culturale, religioso.
“Una Giusta Causa” è un film tratto da una storia vera che ci insegna qualcosa di importante, che ricorda alle donne che nulla di ciò che è stato raggiunto può essere dato per scontato e che non deriva da una concessione arrivata dall’alto: prima di noi ci sono state tante figure coraggiose (di donne e di anche uomini di ampie vedute) che si sono battute per il riconoscimento dell’uguaglianza a tutti i livelli.
Il diritto di voto non è mai stato un punto d’arrivo ma solo di partenza, come dimostrava la Costituzione americana (così come quella Italiana e tante altre europee) che ancora negli anni Settanta era pregna di norme maschiliste e discriminazioni sulla base del sesso.
Norme che sono cambiate e discriminazioni che sono state cancellate grazie a chi prima di noi si è battuta per i nostri diritti, e di questo non dovremmo dimenticarcene mai.
La figura di Ruth si inserisce in un doppio livello di riconoscimento: mentre lei stessa è ancora intenta a cercare l’approvazione del contesto maschile e maschilista in cui è nata e cresciuta, alla fine sarà proprio lo sguardo di sua figlia a conferirle lo statuto di personaggio completo e pienamente realizzato.
Infatti la figlia, adolescente e attivista, che inizialmente la disprezzava perché Ruth conduceva la sua battaglia su un piano puramente teorico, si appassionerà alla battaglia della madre, sostenendola e dandole in un certo senso pieno diritto a fare parte della nuova lotta femminista per i diritti delle donne.
Forse non possiamo parlare di un film un film femminista, ma sicuramente di un film sul femminismo in cui una volta tanto non si mette in scena l’immagine stereotipata di una donna spocchiosa che lotta contro gli uomini, ma che si batte genuinamente per i diritti di tutti, senza distinzioni di genere.