By Published On: 03/12/2018Categories: Cultura, Serie TvTags: ,

Il 30 novembre è uscito su Netflix Baby, la terza serie tv interamente prodotta da Netflix Italia (dopo Suburra La Serie e la docu-serie Juventus FC) nonché una delle novità più attese di questo autunno-inverno 2018. Al centro, il tema dalla prostituzione di due giovani adolescenti romane dei Parioli, un fatto di cronaca realmente accaduto nel 2013 di cui si è parlato moltissimo a Roma e non solo. Tema scabroso quindi, ma in Baby non si parla solo di baby prostitute, c’è anche molto altro.

Baby, serie tv Netflix: la trama

Baby è una serie tv in 6 episodi scritta per Netflix dal collettivo GRAMS* (Antonio Le Fosse, Eleonora Trucchi, Marco Raspanti, Giacomo Mazzariol, Re Salvador), un gruppo di giovani scrittori romani ventenni. Obiettivo principale: riportare nel modo più fedele possibile il linguaggio parlato dai giovani e dagli adolescenti della Capitale. Un’operazione che implica l’entrata in un vero e proprio mondo, quello degli adolescenti appunto, che è fatto di parole, di espressioni del tutto peculiari che cambiano in un batter d’occhio al cambiare della moda.

In Baby si affronta il tema della prostituzione giovanile, è vero, ma non solo: si parla anche di amicizia, desiderio di accettazione, ricerca d’amore e dell’indipendenza, paure, incoscienza, mancanza del senso del limite, fragilità, omosessualità, droga, ribellione (se vi piace il genere, ad affrontare temi simili su Netflix ci sono anche le serie tv Élite, spagnola, e 13 Reasons Why, statunitense).

Di cosa parla dunque Baby? Le protagoniste sono due adolescenti (minorenni) che abitano ai Parioli, uno dei quartieri più prestigiosi di Roma. Le due diventano migliori amiche tra i banchi di scuola del liceo privato Collodi. Chiara (la bionda), è la classica ragazza giudiziosa che studia e va bene a scuola ma a cui va stretta la famiglia, con i genitori separati in casa che intossicano la vita quotidiana con continue discussioni e litigi. Ludovica (la mora), è quella più trasgressiva, emarginata a scuola e senza amiche; vive con la madre che passa da un toy boy all’altro e spende tutti i suoi soldi con scelte sbagliate.

Quando le due si conoscono, si scatenerà un connubio irresistibile: voglia di trasgredire, da una parte, e bisogno di avere una complice a giustificare le proprie scelte incoscienti dall’altra. Il tentativo continuo di oltrepassare il limite e ricercare il senso del brivido, porterà le due protagoniste a entrare in un giro di prostituzione minorile. Da questo momento inizia la doppia vita di Chiara e Ludovica: di giorno studentesse di un liceo dei Parioli, di sera baby squillo.

A introdurle nel mondo della prostituzione sarà Saverio, interpretato da Paolo Calabresi, che le noterà all’interno del night club di cui è proprietario e in cui gestisce affari loschi legati a sesso e droga.

Cast e produzione: chi sono le protagoniste di Baby

Le protagoniste principali di Baby, la nuova serie tv di Netflix, sono Chiara, interpretata da Benedetta Porcaroli e Ludovica, a cui dà il volto Alice Pagani, precedentemente protagonista di Loro, il film del premio Oscar Paolo Sorrentino. Entrambe le giovani attrici sono classe 1998, 20 anni di età.

Fanno parte del cast anche Isabella Ferrari, Claudia Pandolfi, Paolo Calabresi, Tommaso Ragno, Riccardo Mandolini, Brando Pacitto e Mirko Trovato, già conosciuti per la fiction Braccialetti rossi.

La serie Baby vanta un cast tutto giovane e italiano, inclusa la produzione, la Fabula Pictures. Si tratta di una giovane società di produzione televisiva e cinematografica romana, fondata da Nicola e Marco De Angelis, già specializzata in progetti innovativi ed originali.

Come già detto, gli autori sono cinque giovani ragazzi appartenenti al GRAMS, un nuovo collettivo di scrittori romani. Ai cinque si sono poi aggiunti gli scrittori della serie, Isabella Aguilar e Giacomo Durzi, che hanno contribuito in modo innovativo al racconto della vicenda in qualità di head writer.


La serie è diretta da Andrea De Sica e Anna Negri.

baby nettle serie tv

Recensione Baby Netflix: la mia opinione

Ad una prima impressione Baby potrebbe sembrare una semplice serie in stile teen drama, ma a un’analisi più attenta dà un’idea completamente opposta. Alla base della narrazione c’è il disagio: un disagio che è non solo adolescenziale, ma è anche quello degli adulti, delle coppie sposate e annoiate dalla routine. Voglia di evadere, ricerca di emozioni, di contatto umano fisico e mentale.

Le due giovani protagoniste di Baby cercano di evadere dai loro problemi facendo delle scelte sbagliate, le cui conseguenze si riveleranno più difficili del previsto da gestire. Ma Baby è innanzitutto una storia di amore e incomprensioni, romantica e dark allo stesso tempo: si parla di adolescenti che hanno un disperato bisogno d’amore, ognuno dei protagonisti (Chiara, Ludovica, Damiano, Camilla, Fabio, Niccolò) in modo diverso e non solo i ragazzi, ma anche gli adulti.

Baby Netflix: una storia di formazione

Il fatto di cronaca sulle baby prostitute è lo spunto della serie, ma a mio avviso è solo il punto di partenza per indagare la psicologia dei protagonisti e le cause del loro disagio.

All’interno della serie Baby, ogni personaggio intraprende il suo viaggio, alla ricerca dell’amore e della felicità. I protagonisti sfidano le regole dei genitori, della scuola, della società per cercare se stessi e la propria identità. Il bisogno di amore accomuna giovani e adulti in questa serie tv: “L’amore è un viaggio insidioso. Ed è facile perdersi.” è la tagline della serie.

La cosa che ho apprezzato maggiormente è stata la neutralità del punto di vista sulle azioni commesse dai giovani protagonisti: non c’è ombra di colpevolizzazione o di giudizio. Questo era il punto che mi premeva di più, perché temevo che degenerare in qualche moralismo fosse il rischio più grande. Invece Netflix e gli autori della serie hanno saputo creare una serie di respiro internazionale e per una volta mi è sembrato che i problemi dei giovani italiani fossero più condivisibili che mai.

Più che puntare il dito contro le giovani prostitute, si mette in luce la responsabilità degli adulti che le circondano: le famiglie assenti, gli adulti senza scrupoli che le manipolano approfittandosi della situazione, gli uomini che le pagano per avere prestazioni sessuali. In una vicenda di prostituzione minorile, gli unici responsabili morali della vicenda non possono che essere gli adulti, gli unici veramente consapevoli della portata delle loro azioni.

Chiara e Ludovica non sono ingenue, non sono stupide, sanno perfettamente quello che fanno e, per fortuna, non sono rappresentate neanche che come vittime: l’unica cosa di cui non hanno ancora piena consapevolezza, però, è la portata delle conseguenze delle loro azioni. Cose fatte con leggerezza a 16-17 anni possono avere ripercussioni psicologiche importanti anche sulla propria vita affettiva e relazionale da adulte. Queste ragazze, che in molti si affrettano a giudicare senza pensarci due volte, dovranno fare i conti con loro stesse, più che con il giudizio altri, e tanto basta.

Insomma, a fine visione delle sei puntate ho esultato: nessuna traccia di moralismo e vittimismo, sono più che soddisfatta. Mi è piaciuto molto anche come è stato affrontato il tema del coming out: nessun cliché, ma solo tanta verità!

Baby Netflix: Roma Nord vs. Roma Sud

Un altro punto su cui la serie gioca molto, seguendo anche la moda di molti video virali dell’ultimo periodo, sono le differenze tra Roma nord e Roma sud, o comunque tra “Roma bene” e periferia. Uno stereotipo che rischia di apparire un po’ forzato ma, pur senza generalizzare, chi è di Roma sa perfettamente che in molti casi corrisponde al vero. Non c’è bisogno di indignarsi contro gli stereotipi quindi, perché ogni narrazione richiede un certo grado di semplificazione in questo caso credo che sia finalizzata a una migliore comprensione dei contrasti che caratterizzano la serie.


Baby Netflix: le musiche

Chiudo questa recensione con due parole sulla colonna sonora: mi è piaciuta molto la scelta delle musiche. Si va da Cosmo ad Achille Lauro, dai The Giornalisti ai Måneskin, che con la loro “Torna a casa” fanno da colonna sonora all’ultima puntata. Musiche forse rivolte a un pubblico di venti-trentenni più che di giovanissimi e questo ci fa capire che la serie non è un teen drama per ragazzini ma una riflessione più matura che si rivolge sopratutto a un pubblico più grande che sia in grado, si spera, di cogliere e capire tutte le tematiche trattate!

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